Buona lettura!
“Osservando i pazienti, mi era chiaro che a rendere gli uomini uno diverso dall’altro non sono le regole di normalità che adottiamo, bensì il grado di follia. Che la follia non è alienazione ma apertura verso qualcosa di più grande, in direzione di un disordine insito nella nostra anima, incomprensibile all’ordine razionale con cui pensiamo di poterci conoscere.”
Una gemma preziosa che brilla in mezzo a
un’accozzaglia di pseudo-romanzi e pseudo-scrittori degli ultimi anni, ecco
come definire “La Maschera Neutra” di Chiara de Fernex, giovane autrice
esordiente, dalla penna tagliente e aguzza. Perché a rendere questo romanzo un
racconto (o meglio, una serie di racconti, con diversi narratori) affascinante
e accattivante è in primo luogo la scrittura elegante, articolata e poetica, in
un secondo momento l’ambientazione in una grigia e claustrofobica Milano,
infine le storie dei personaggi e del protagonista del romanzo, Massimo,
raccontate con grande maestria, in modo essenziale ma puntuale: il lettore diventa il personaggio che racconta e
viene raccontato.
Massimo incontra Beatrice. Beatrice è
sfuggente, quasi eterea e bellissima, così bella che Massimo se ne innamora
perdutamente fin dal primo istante. Beatrice, però, è anche una ragazza sola e
tormentata dai fantasmi di un’infanzia che l’ha vista vittima di un carnefice
molto più grande di lei. Massimo e Beatrice sono due spiriti affini, ma con
un’apertura diversa verso l’esistenza e inconciliabile l’una con l’altra. “Quando incontri Beatrice, la prima cosa che
senti è un’inclinazione totale, uno slancio naturale verso di lei.” Eppure,
questo slancio termina poi con uno schianto violento al suolo, perché “Sei cosciente delle sue problematicità, di
quel vuoto sordo e cavo che all’inizio ti ha sedotto, ma più che un vero ostacolo
sembra un vezzo superabile. Invece non lo è per niente[…] Il fatto che sia lei
a pregarti di essere salvata, o tu a credere erroneamente di poterlo fare, non
la rende in nessun caso salvabile.”
L’incontro con la problematica Beatrice,
così contraddittoria nel suo essere vitale per gli altri e mortale per se
stessa, farà scoprire a Massimo cosa desidera dal suo futuro e Massimo capisce:
vuole diventare psichiatra. Ed è così che alla voce di Massimo, si mischiano
quelle dei suoi pazienti, che si confidano con lui, in cerca di sollievo dai
tormenti della loro vita. Massimo ascolterà pazientemente i loro racconti,
cercando di capire la complessità dei loro pensieri ed emozioni, come non è
riuscito ad ascoltare e capire mai Beatrice.
Non è un romanzo d’evasione nel senso
proprio del termine, ma è pur sempre un viaggio alla scoperta della difficoltà
del rapporto con l’altro, della follia. E chi è folle, non è semplicemente matto,
ma vive un disagio tutto suo, che non deve essere sottovalutato o disprezzato
perché non ci appartiene. I temi affrontati sono scottanti e di grande
attualità. A farla da padrone, è senza dubbio la scrittura della giovane
autrice, che rende la storia ancora più degna di essere letta.
Voto:9